16 marzo 2012

CIO' CHE DIO VUOLE ! 18.03.2012 / 4° di Quaresima


Dal secondo libro delle Cronache
In quei giorni, tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme.
Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora.
Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio.
Quindi [i suoi nemici] incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi.
Il re [dei Caldèi] deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremìa: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni»…


Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».


Primavere
Quanto è difficile convertirsi! E credere nel Dio di Gesù!
Quanto è difficile scegliere da che parte stare, nella vita, sempre strattonati tra le troppe cose da fare, inquieti e rassegnati, travolti dalle mille preoccupazioni.
Ci è necessario il deserto, anche se minuscolo, anche se duramente conquistato ritagliando qualche minuto alle nostre giornate. Eppure abbiamo bisogno di tornare all'essenziale, proprio ora che le difficoltà crescono e la tentazione della sfiducia, anche nella Chiesa, diventa incombente.
Tenendo fisso lo sguardo sulla bellezza di Dio, intuita, assaporata, cercata, possiamo ribaltare i banchetti delle nostre approssimative e inconcludenti visioni di Dio per liberare il tempio del nostro cuore (e il tempio che è la Chiesa) da una visione mercanteggiata della fede.
È un percorso lungo, faticoso.
Ne sa qualcosa il libro delle Cronache, ne sa qualcosa Nicodemo.

Dio giudice
Ci è connaturale un'orribile visione di Dio. La portiamo nel cuore, nell'inconscio, nel vano tentativo di dare una parvenza di giustizia all'illogica dinamica di questo mondo.
Il cammino dell'uomo biblico è irto di difficoltà, di continue conversioni, di ragionamenti che avanzano nelle nebbie. Se Dio è buono, si chiede la Bibbia, da dove deriva il dolore?
In particolare, nel brano di oggi, l'autore ancora cerca una risposta alla brutale distruzione del tempio e alla successiva prigionia in Babilonia. Ed ecco la drammatica risposta: l'esilio è stata una punizione per non avere rispettato il ciclo sabbatico della natura: un anno ogni sette, per lasciare la terra al suo riposo. Dio, giudice giusto, ha ascoltato la lamentela del Creato: i settant'anni di esilio forzato del popolo ha ridato fiato alla natura.
È una visione semplicistica, eppure efficace: Dio punisce il peccato del popolo.
Ma già nell'Antico Testamento si è approfondito il tema capendo che non è Dio a punire, ma il peccato stesso.
Il peccato è male perché ci fa del male, il peccato distrugge, non Dio!
Eppure quanto connaturale ci è una visione così stringente.
Ci viene spontaneo pensare che se Dio è una carogna, tutto torna.
Ma, se invece, è come lo racconta Gesù, le cose si complicano?

Nicodemo
Gesù parla ad un combattuto Nicodemo che lo raggiunge durante la notte, per non farsi vedere. Ha una reputazione da difendere (che diamine!), ma è curioso. Lui è un credente, un membro del Sinedrio, sa bene di Dio e delle sue leggi. Nicodemo però non è convinto, cerca un volto di Dio diverso.
Gesù gli rivela qualcosa di inatteso e inaudito, ciò che nessuno mai aveva osato immaginare.
Gesù gli racconta il pensiero di Dio.

Ciò che Dio vuole
Dio non vuole una classe disciplinata di bravi ragazzi che obbediscono sorridendo. Dio vuole persone autentiche che sappiano mettersi in gioco, che accettino di crescere (non sempre questo significa migliorare!), che imparino a distinguere le proprie ombre, da adulti.
Gesù è chiarissimo: Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Dio vuole la salvezza, cioè la pienezza di vita per ogni uomo. E, per farlo, per manifestare la serietà del proprio amore, Gesù già parla del dono di sé totale, del mistero della croce. La croce che, come dice san Massimo il confessore, è il giudizio del giudizio.
Davanti alla possibilità di essere dei capolavori o delle fotocopie sbiadite, l'uomo è libero di scegliere. E sono le nostre scelte a giudicarci, possiamo vivere in un prolungato inverno, ostinandoci a dire che non esiste nessuna bella stagione e che, al massimo, noi sappiamo vestirci meglio degli altri.
Quando tutto è grigio è difficile vedere l'ombra dietro di sé.
Ma vivere una vita grigia è una non scelta di vita.
Dio vuole la nostra salvezza, ad ogni costo.
Nessun giudice, nessun preside, nessun vigile.
Solo un padre tenerissimo.

Ma
Il ragionamento implode.
Meglio un Dio che opera la giustizia, altro che.
Se Dio è buono perché il dolore innocente? Certo, la sofferenza, spesso, è frutto delle nostre scelte sbagliate o delle nostre fragilità. Ma come può Dio sopportare il dolore del bambino che muore di cancro? Come può sopportare la morte tragica di 22 bambini tra le lamiere di un pulman entro il buio di una galleria?
Non può.
Gesù, ad un attonito Nicodemo, indica un simbolo, quel serpente di bronzo innalzato da Mosè per guarire gli ebrei morsi dai serpenti. Anche lui, Gesù, sarà innalzato e salverà chi volgerà il proprio sguardo verso di lui.
Gesù già intravvede all'orizzonte la sconfitta del suo ministero, e vuole andare fino in fondo.
Dio è disposto a morire per salvare gli uomini, per salvare me.
Dio porta su di sé il dolore dell'innocente, lo assume, lo redime, lo salva.
Volgiamo lo sguardo alla croce, in questo deserto, alla misura senza misura dell'amore di Dio.
Ecco, questo è il Dio in cui crediamo.
(Paolo Curtaz)

3 marzo 2012

CANZONE di Lucio Dalla. Ciao Lucio e ... grazie. Ora goditi il cielo!

Non so aspettarti più di tanto
Ogni minuto mi dà
L'stinto di cucire il tempo
E di portarti di qua
Ho un materasso di parole
Scritte apposta per te
E ti direi spegni la luce
Che il cielo c'è
Star lontano da lei non si vive
Stare senza di lei mi uccide

Testa dura testa di rapa
Vorrei amarti anche qua
Nel cesso di una discoteca
O sopra il tavolo di un bar
O stare nudi in mezzo a un campo
A sentirsi addosso il vento
Io non chiedo più di tanto
Anche se muoio son contento

Star lontano da lei non si vive
Stare senza di lei mi uccide

Canzone cercala se puoi
dille che non mi perda mai
va' per le strade e tra la gente
diglielo veramente

Io i miei occhi dai tuoi occhi
Non li staccherei mai
E adesso anzi me li mangio
Tanto tu non lo sai
Occhi di mare senza scogli
Il mare sbatte su di me
Che ho sempre fatto solo sbagli
Ma uno sbaglio che cos'è

Stare lontano da lei non si vive
Stare senza di lei mi uccide

Canzone cercala se puoi
dille che non mi lasci mai
va' per le strade e tra la gente
diglielo dolcemente

E come lacrime la pioggia
Mi ricorda la tua faccia
Io la vedo in ogni goccia
Che mi cade sulla giacca

Stare lontano da lei non si vive
Stare senza di lei mi uccide

Canzone trovala se puoi
dille che l'amo e se lo vuoi
va' per le strade e tra la gente
diglielo veramente
non può restare indifferente
e se rimane indifferente
non è lei        

FINESTRE DI CIELO APERTE SUL REGNO - 4 marzo II di Quaresima / B

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro [...] (Marco 9, 2-1)   

Gesù porta i tre discepoli sopra un monte alto.
La montagna è la terra dove si posa il primo raggio di sole e indugia l'ultimo, la terra che si innalza nella luce, la più vicina al cielo, quella che Dio sceglie per parlare e rivelarsi.
Infatti, lassù appaiono Mosè ed Elia, gli unici che hanno veduto Dio.
E si trasfigurò davanti a loro.
Il Vangelo non evidenzia nessun particolare della trasfigurazione, se non quello delle vesti diventate splendenti. Ma se è così luminosa la materia degli abiti che coprono, quale non sarà lo splendore del corpo?
E se così è il corpo, cosa sarà del cuore?
È come quando il cuore è in festa e la festa si comunica al volto … e di festa sono anche i vestiti.
Pietro ne è sedotto, prende la parola: che bello essere qui! Facciamo tre capanne.
L'entusiasmo di Pietro, la sua esclamazione stupita - che bello! - ci fanno capire che la fede per essere pane, per essere vigorosa, deve discendere da uno stupore, da un innamoramento, da un «che bello!» gridato a pieno cuore.
Ciò che seduce Pietro non è l'onnipotenza di Dio, non lo splendore del miracolo, il fascino dell'infinito, ma la bellezza del volto di Gesù.
Quel volto è il luogo dove è detto il cuore, il suo cuore di luce; dove l'uomo si sente finalmente a casa: stare qui, è bello!
Altrove siamo sempre lontani, in viaggio. Il nostro cuore è a casa solo accanto al Suo.
Il Vangelo della Trasfigurazione mette energia, dona ali alla nostra speranza: il male e il buio non vinceranno, non è questo il destino dell'uomo.
Alimenta un pregiudizio sulla bontà dell'uomo, un pre-giudizio positivo: Adamo (l’uomo) ha, o meglio, è una luce custodita in un guscio di creta. La sua vocazione è liberare la luce.
Avere fede è scoprire, insieme con Pietro, la bellezza del vivere, ridare gusto a ogni cosa che faccio, al mio svegliarmi al mattino, ai miei abbracci, al mio lavoro. Tutta la vita prende senso e si illumina.
Ma questo Vangelo ci porta una notizia ancora più bella: la trasfigurazione non è un evento che riguarda Gesù solo, al quale noi assistiamo da spettatori. È un evento che ci riguarda tutti, al quale possiamo e dobbiamo partecipare.
Il volto di Gesù sul monte è il volto ultimo dell'uomo, è il presente del futuro.
È come sbirciare per un attimo dentro il Regno, vederlo come una forza possente che preme sulla nostra vita, per trasformarci, per aprire finestre di cielo.
Il Vangelo di domenica scorsa chiedeva: convertiti. La conversione è come il movimento del girasole, questo girarsi verso la luce.
Il Vangelo di questa domenica offre il risultato: mi giro e trovo il sole, sono irradiato, mi illumino, mi imbevo e godo della luce, il simbolo primo di Dio.
                                                                                                              (Ermes Ronchi su Avvenire di giovedì 1 marzo 2012)