20 ottobre 2011

Alla sera prima di dormire....

Il guerriero della luce ha appreso che Dio si serve della solitudine per insegnare la convivenza.

Si serve della rabbia per mostrare l'infinito valore della pace.

Si serve del tedio per sottolineare l'importanza dell'avventura e dell'abbandono.

Dio si serve del silenzio per fornire un insegnamento sulla responsabilità delle parole.

Si serve della stanchezza perché si possa comprendere il valore del risveglio.

Si serve della malattia per sottolineare la benedizione della salute.

Dio si serve del fuoco per impartire una lezione sull'acqua.

Si serve della Terra perché si comprenda il valore dell'aria.

Si serve della morte per mostrare l'importanza della vita.

Cristo si è fermato a Todi

P. Gabriele Pipinato, direttore fondatore di Unimondo, è missionario in Kenya e propone un'interessante riflessione a seguito dell'incontro svoltosi a Todi qualche giorno fa, delle organizzazioni di ispirazione cattolica. Vi invito a leggere e commentare.

http://www.unimondo.org/Notizie/Cristo-s-e-fermato-a-Todi

Inizio positivo. L’appuntamento di Todi è stato importante. L’aver ritrovato un tavolo comune, tra fratelli in diaspora, non è banale in tempi ove l’individualismo va alla grande. Il titolo sobrio e quanto mai attuale: “Una buona politica per il bene comune”. Sin qui tutto bene.
L’esito? Non me ne vogliano, ma mi sembra un po’ scontato. Lo riporto pur sapendo di perdere metà lettori: un governo più forte, un no alle elezioni anticipate, una nuova legge elettorale, un rafforzamento del welfare e una riforma del fisco che metta al centro la famiglia. Non dico che ci si sarebbe aspettato un Codice di Camaldoli ma qualche riflessione in più intra anziché extra poteva ben emergere.
Che significa "intra"? I cattolici si sono dati appuntamento per dire cosa gli altri (alias, il governo) - dovrebbero fare? (extra). Legittimo. Forse sarebbe meglio cambiare angolatura per comprendere cosa i cattolici potrebbero fare. E ne avremmo a sufficienza. Prima di rimuovere la trave che è nell’occhio di tuo fratello forse è il caso di spostare la capriata che sta nel nostro; parafrasando il Vangelo.
Tento, quindi, di declinare qualche verbo che ci possa aiutare ad affrontare la crisi prima di senso e poi economica ed ambientale.
Rinunciare all’8 x mille che non sia specificamente destinato alla Chiesa cattolica. Nel contempo si rinuncia al privilegio del non pagare le tasse (l’Iva) se l’opera (l’albergo) è “di religiosi” o se la struttura ha annessa una cappelletta/chiesetta. Insomma, in uno Stato dai privilegi diffusi serve qualcuno che faccia il primo passo in tutt’altra direzione.
Vendere. Non mi riferisco solo alle Diocesi, alle parrocchie ma, in primis, alle associazioni cattoliche di cui sono parte. Sono spesso appesantite da immobili; strutture. Alcuni circoli non parlano d’altro. Forse dovremmo diventare più leggeri; più agili. Vendere le strutture per dare un futuro alle organizzazioni già esistenti che necessitano d’ossigeno. Un cambio di paradigma: non più muri ma persone.
Appassionare. Non basta più impiegare; non abiteremo il nostro tempo. Appassionare è un imperativo. Basta con gli impiegati demotivati con l’orologio in mano, recupero ore, lungo elenco di diritti acquisiti, tutti telefono, caffè e gossip. E poi ci permettiamo di criticare i ministeriali. Chi lavora per il welfare deve essere appassionato al “bene comune”; alla costruzione della cattedrale. Certo. Servono forti iniezioni di formazione, motivazione ma soprattutto incentivi meritocratici che si ispirino un po’ più al toyotismo che al fordismo, per dirla con l’economia applicata.
Incentivare. Abbiamo l’obbligo, in tempi di lavoro scomposto, d’incentivare i giovani più meritevoli con un’addizionale di reddito pari a quella data dal servizio civile. Perché? Le associazioni cattoliche sedute attorno al tavolo di Todi sono state fondate quando c’era la Chiesa di Pio XII, i partiti di massa, l’associazionismo di massa. V’erano contratti indeterminati, ferie pagate, baby pensioni; oggi tutto è cambiato. Molte persone hanno contribuito non poco alla crescita di queste Istituzioni donando il surplus di tempo in forma volontaria. Ma lo potevano fare perchè erano coperti da un minimo salariale. Oggi possiamo chiedere ai giovani di “esser parte/farsi carico” solo se garantiamo loro le risorse minime che andranno a sommarsi ad altre loro entrate.
Ridurre. Le associazioni cattoliche sono pronte a chiedere una riduzione dei costi della politica. Più che legittimo in tempi di crisi economica e non solo. Ma la sfida, anche qui, non sta all’esterno ma al proprio interno. Il divario tra il costo dei dirigenti, segretari generali ed i giovani di cui sopra deve ridursi drasticamente se vogliamo recuperare credibilità agli occhi della gente. E’ semplicemente immorale che un dirigente di un’Associazione cattolica possa superare il reddito di un parlamentare. Potremmo, invece, ricavare nuove risorse per garantirci futuro.
Aprire. Il tavolo di Todi è una modalità per conoscere l’altro che sta accanto a me e con il quale potrei collaborare, visto il “comun sentire”. Ma guai se diventa una roccaforte in difesa del “noi”. Se sta in collina anziché scendere a valle. L’approccio dell’ “economia civile” dovrebbe rileggere i tempi. Non siamo più noi “primo mondo” che dettiamo legge e vangelo agli altri mondi ma una dose di umiltà ci potrebbe portare ad apprendere dai laboratori implementati da altre religioni sparsi nel pianeta. Dalle tigri asiatiche al Brasile passando per il Sudafrica. Insomma, per stare al mondo bisogna conoscere il mondo.
Allocare. Immorale è investire in "banche armate", in banche che favoriscono il commercio d’armi con i Sud del mondo. Oggi esistono alternative consolidate come Banca Etica e altre banche che hanno fatto scelte precise o moltissimi istituti di microcredito e microfinanza che investono sul lavoro e non sulla speculazione finanziaria che è concausa di questa crisi. Questi mondi come il commercio equo e solidale, il biologico non appartengono più alla sfera della “simbologia” ma sono parte dell’economia reale. Qui servirebbe un cambio di passo da parte del mondo cattolico che ha contribuito, peraltro, a far nascere questi mondi.
Negoziare. Dovremmo anche aprire lo scrigno dei principi non negoziabili. Suvvia; lo stanno facendo anche i talebani a Kabul per la transizione nel 2014 e la libertà di stampa sta entrando in Myanmar. Se tutto si riduce alla difesa intransigente del “non negoziabile” non se ne esce. Nei comportamenti morali non c’è differenza tra laici e cattolici in quanto a Todi metà erano divorziati come, parimenti, non pochi giovani della GMG si sono “appartati usando anticoncezionali”. Insomma, si dovrebbe cercare di andare oltre la contrapposizione ideologica.
Privilegiare. Il rapporto Caritas dà una fotografia drammatica dell’Italia di oggi: oltre 8 milioni di poveri. Possiamo inserire al primo posto in tutti gli odg (ordine del giorno) di tutti gli incontri a tutti i livelli cosa possiamo fare noi (non il governo) come associazioni cattoliche per i nostri poveri? I poveri non possono stare tra le “varie ed eventuali” perché non sono eventuali. Ci sono. E saranno sempre con noi. Punto.
Fabio Pipinato
(direttore di Unimondo)

23 Ottobre 2011

Un giorno si presentò a Gesù un dottore della Legge, uno di quelli che sapeva tutto della religione. Conosceva benissimo ciò che un pio ebreo doveva mettere in pratica per essere gradito a Dio e così garantirsi - come diremo noi oggi – di avere la coscienza tranquilla.

Il desiderio dell’anonimo personaggio è di verificare quanto Gesù fosse rispettoso osservante della Legge. In realtà cercava di trovare il modo per incastrarlo e poter così denunciare l’eventuale eversiva predicazione di Gesù.

«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».

La legge! La Torah è una parola ebraica che significa “insegnamento” o "legge” contenuta nei primi cinque libri della Bibbia e che diventa il fondamento di tutta la tradizione e vita ebraica.
La TORAH contiene 613 “comandamenti” dei quali 248 sono obblighi positivi e 365 sono negativi, divieti. I precetti positivi obbligano a compiere una determinata azione (come ad esempio l'obbligo della circoncisoione maschile); quelli negativi vietano di fare una determinata azione (come ad esempio il divieto di indossare capi composti da lana e lino insieme). Il numero di questi precetti è sicuramente carico di significati simbolici: come ci insegna la Tradizione Rabbinica 248 era considerato infatti il numero delle ossa del corpo umano e 365 sono notoriamente i giorni dell'anno (inoltre i legamenti che collegano tra loro le ossa); attraverso questi numeri la Torah ci sembra quindi voler dire che con le nostre 248 singole ossa dobbiamo compiere le 248 azioni prescritte e che ogni giorno dell'anno dobbiamo impegnarci a non violare i 365 precetti negativi.

Una stupenda tradizione che impegna l’uomo ad essere costantemente legato al suo Dio.

Gesù, da una risposta del tutto inattesa e sicuramente innovativa:
«“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”.
Questo è il grande e primo comandamento.
Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”.
Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti» (Mt 22, 37-40).


Sembra quasi che Gesù schiacci - in un certo senso - l’antica tradizione ebraica. In realtà la supera, la colloca ad un livello superiore che, paradossalmente, sta nella profondità: quella dell’anima. Il centro di tutto è l’uomo nella sua interezza!

Gesù sa bene che la creatura ha bisogno di molto amore per vivere bene. Anche per questo offre il suo Vangelo come la via per raggiungere la pienezza e la felicità già in questa vita terrena.

Rileggendo bene, in questo nuovo comandamento (che riassume tutto il Vangelo della vita) per ben tre volte Gesù usa il termine “tutto”: Amerai Dio con tutto, con tutto, con tutto. Per tre volte Gesù ripete che l'unica misura dell'amore è amare senza misura.
Ama Dio con tutto il cuore: totalità non significa esclusività.
Ama Dio senza mezze misure, e vedrai che resta del cuore, anzi cresce, per amare i tuoi familiari, gli amici, te stesso. Dio non è geloso, non ruba il cuore: lo moltiplica.
Ama con tutta la mente. L'amore rende intelligenti, fa capire prima, andare più a fondo e più lontano.
Ama con tutte le forze. L'amore rende forti, capaci di affrontare qualsiasi ostacolo e fatica.

Ma … da dove cominciare? Sicuramente da una delle esperienze più difficili da vivere: dal lasciarsi amare da Lui, che entra, dilata, allarga le pareti di questo piccolo vaso che sono io.

Qui esce il “progetto uomo” di Gesù. Noi siamo degli amati che diventano amanti.

Anche noi siamo come il dottore della legge, chiediamo a Gesù qual è il comandamento grande che dobbiamo vivere e Lui invece di un comandamento ne elenca due, anzi tre: amerai Dio, amerai il prossimo, amerai te stesso.
Gesù non aggiunge nulla di nuovo: i due comandamenti sono già scritti nella Bibbia. Eppure dirà che il suo è un comando nuovo.

Dove sta la novità? Sta nel fatto che le due parole fanno insieme una sola parola, l'unico comandamento. E dice: il secondo è simile al primo. “Amerai l'uomo” è simile ad “amerai Dio”.
Il prossimo è simile a Dio.
Questa è la rivoluzione di Gesù: il prossimo ha volto, voce e cuore simili a Dio.
Il volto dell'altro è da leggere come un libro sacro, la sua parola da ascoltare come parola santa, il suo grido da fare tuo come fosse parola di Dio.


Amerai il tuo prossimo come ami te stesso.
È quasi un terzo comandamento sempre dimenticato: “ama te stesso”, perché sei come un prodigio, porti l'impronta della mano di Dio.
Se non ami te stesso, non sarai capace di amare nessuno, saprai solo prendere e possedere, fuggire o violare, senza gioia né gratitudine.

Se per te desideri pace e perdono, questo tu offrirai all'altro. Se per te desideri giustizia e rispetto, tu per primo li darai.

In tutto questo si riassume la vita del cristiano, nella tridimensionalità del comandamento dell’amore che coinvolge tutta la persona: profondità, altezza, larghezza.

L’uomo lo si percepisce come presenza fisica nel mondo, grazie alle regole della tridimensionalità.
L’uomo credente lo si percepisce come presenza “di Dio” grazie al nuovo comandamento della tridimensionalità dell’amore: verso Dio, verso l’uomo, verso se stessi!


Ma ... perché amare con tutto me stesso? Perché portare il cuore fino a queste vertigini?
Perché dare e ricevere amore è ciò su cui posa la beatitudine della vita.
Perché Dio-amore è l'energia fondamentale del cosmo e amando, l’uomo partecipa di questa energia: quando ami è il Totalmente Altro che viene perché la storia sia totalmente altra da quello che è.

15 ottobre 2011

INDIGNADOS

Oggi tutti in piazza!

Diamo sfogo alle nostre indignazioni!

Mi unisco anch'io, per dire la mia.

Sono indignato nel dover assistere all'indifferenza con la quale si lasciano crepare centinaia di migliaia di persone, che lottano per avere un pò di cibo, dell'acqua pulita, dei medicinali, istruzione, giustizia, democrazia, … Anche un solo bambino che muore per fame, dovrebbe essere un macigno che pesa sulla crappa dei potenti-opulenti, del nord del mondo.
Sono indignato per i traffici illeciti che passano indifferenti sotto lo sguardo dei mercenari dell’economia mondiale.
Sono indignato da chi specula sul divertimento dei giovani offrendo loro dubbie sostanze per garantire uno sballo più intenso … spesso a rischio della morte e comunque creando disagio sociale.
Sono indignato nel sapere che i nostri padri dopo una vita di sacrificio devo combattere per arrivare a fine mese, grazie alle loro misere pensioni.
Sono indignato dai vitalizi dorati garantiti a quanti hanno avuto il privilegio di essere, anche per brevissimi periodi, nostri rappresentati in parlamento.
Sono indignato che i nostri ragazzi di paese per giocare un torneo zonale di sport, non hanno i soldi neanche per acquistare i palloni e alcuni “eletti” vivono al di sopra di ogni immaginabile possibilità economica.
Sono indignato non solo dalla classe politica che ha organizzato la vita centrale della Polis, a costi elevatissimi e le amministrazioni locali non hanno di che far fronte alle esigenze dei cittadini.
Sono indignato che non si riesca a capire che bisogna incentivare la ricerca, investire nell’educazione, nella cultura e nel turismo … veicoli di crescita umana, scientifica, economica.
Sono indignato della mia Chiesa, a volte lontana dalla vita reale, spesso indisponibile al dialogo anche tra e con i pastori e teologi locali.
Sono indignato dalle ossessive campagne sessuofobiche e non per più gravi scandali, quelli economici in primis. Non è forse che Gesù si è scagliato più contro questi peccati che altri?
Sono indignato nel vedere affondare l’illuminato rinnovamento ecclesiale voluto dal Concilio Vaticano II° e assistere ad un’anacronistica riesumazione di un passato non armonicamente integrato all’oggi.
Sono indignato dall’informazione a cui siamo sottoposti, dove la verità non si sa mai dove sta. Giornalisti che instillano morbose curiosità sostituendosi agli organi giuridici preposti.
Sono indignato della manipolazione delle notizie a scapito della vita sociale, economica, relazionale., giocando spesso sulla vita delle persone.
Sono indignato perché un po’, con lo zampino di tutti, abbiamo tolto dall’orizzonte dei giovani la SPERANZA.

E l’elenco potrebbe continuare ….

Sono compiaciuto però dell’esercito di missionari, volontari e uomini di buona volontà che consumano la loro esistenza per arginare fame, povertà, miseria, ignoranza, ingiustizia, …
Lo sono per aver anch’io contribuito alla realizzazione di un nuovo “Altro-mercato, equo e solidale”.
Sono compiaciuto di chi si spende per portare alla luce i piccoli e grandi scandali economici che privano di ricchezza e giustizia, la collettività.
Sono compiaciuto di chi ha fondato e chi gestisce comunità, cooperative, associazioni, che cercano modelli di divertimento più sano per i giovani. Per chi combatte la terribile piaga della droga di cui ormai nessuno parla ma che ha assunto proporzioni drammatiche.
Sono compiaciuto dalla dignità dei nostri padri che continuano a soffrire in silenzio e a far fronte con sacrificio al difficile mestiere del vivere.
Sono compiaciuto dei due, tre … forse quattro (ahimè non di più) “pensionati d’oro” che hanno il coraggio di ammettere che i vitalizi sono gravi offese al popolo italiano.
Sono compiaciuto quando qualcuno mette di suo perché i ragazzi possano vivere gioiosamente varie esperienze sportive, educative, ludiche, …
Sono compiaciuto di chi propone nuovi modelli più economici per riorganizzare lo Stato.
Sono compiaciuto della mia Chiesa che non è solo verticismo, anzi! Per i molti, silenziosi, generosi, capaci sacerdoti, suore e laici che ogni giorno si spendono per tenere vivo il rapporto con Dio e per la promozione della vita dell’uomo. Di chi, realmente, vive la povertà!
Sono compiaciuto di quanti non si allineano alle zone d’ombra della vita ecclesiale, ma vivono illuminati dalla fede, luminosa, vera e pura. Quella fede che apre alla speranza e che diventa autentica carità.
Sono compiaciuto dei gruppi del vangelo che vivificano la Chiesa, dove (almeno li) c’è spazio per la ricerca, lo studio, la riflessione e lo scambio.
Sono compiaciuto di quanti non prestano, con coraggio, il fianco ai novelli farisei!
Sono compiaciuto di chi ancora spera che il Concilio torni ad essere studiato, capito e attualizzato. Il soffio dello Spirito, l’uomo credente non lo può mettere a tacere.
Sono compiaciuto di chi fa controinformazione. Di chi smonta false notizie o create e inventate con grande maestrìa, ad arte. Di chi ci parla anche di cronaca rosa. Di chi lascia che i processi si svolgano nelle aule di giustizia e non in strada. Di chi ha il coraggio di dire la verità!
Sono compiaciuto dei giovani! Tanti. Bravi. Intelligenti. Disponibili. Creativi. Di quelli che non si arrendono e, come i nostri padri un tempo, oggi hanno una forte volontà per cercare soluzioni al loro e nostro futuro.
Sono compiaciuto dell’uomo in genere, che è ancora buono. Sa offrire abbondantemente amicizia, solidarietà, condivisione.

Sono contento perché c’è chi si è accorto che un progetto reale, concreto per poter uscire dalla crisi è stato proposto duemila anni fa da un certo Gesù di Nazareth. Peccato che siano sempre cose di chiesa … uffa!!! E allora continuiamo a sbattare la testa di qua e di la, tanto prima o poi si dovrà tornare li, al Vangelo!

14 ottobre 2011

DATE A CESARE... - XXIX° Domenica

In questa domenica il Signore Gesù con una frase lapidaria dice: «Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». E come Cesare cerca la propria immagine su una moneta, così Dio cerca la propria immagine nella nostra anima. Domandiamoci se abbiamo disprezzato l'immagine di Dio in noi, se la nostra vita è sempre secondo il vangelo del Signore, contro la superficialità, contro il disimpegno.

Cesare e Dio. Gesù si confronta con le due più grandi passioni pubbliche: la religione e la politica. Cesare e Dio, materia e spirito, terra e cielo, il tempio e la città: sono i due poli, infinite volte ripetuti, di ogni vita alta, che non voglia essere banale; l'eterno incrociarsi di tutti i bisogni e di tutti i desideri.

Nel punto di intersezione c'è il cristiano, che cerca la sintesi di queste due passioni, quasi una croce composta dall'esistere orizzontale, che è l'abbraccio verso il prossimo, e dall'esistere verticale, che è il cammino verso Dio e verso il profondo. Ancora adesso, per ciascuno, materia e spirito compongono i due bracci della croce su cui esistiamo, noi sintesi di due alleanze crocifisse, di due amori.

Vengono da Gesù farisei ed erodiani, coloro che sono abili dialettici e cercano di porre domande senza uscita, domande le cui risposte scatenino passioni e odi, e creino nemici: «È lecito o no pagare le tasse a Roma?». Gesù aveva fra i suoi discepoli guerriglieri anti-romani, come Simone Zelota, e insieme aveva chiamato dei collaborazionisti dei Romani, come Matteo, che riscuoteva le tasse per Cesare. Ecco la grande scommessa di Gesù: lo scandalo della comunione.

Com'era sua abitudine, Gesù non risponde alla domanda, ma allarga il problema. Se anche noi potessimo avere fra le mani quella moneta romana, capiremmo molto di più. Sulla moneta era scritto "al divino Cesare" o "al Dio Cesare". Proprio questa sintesi pericolosa Gesù vuoi fare esplodere: Cesare non è Dio.

Dice Gesù: Restituite a Cesare, alla politica, il valore, la dignità, i mezzi della politica, e lasciate a Dio il valore di Dio. A Cesare vadano le cose, a Dio vadano le persone. Forse intende dire: date alla materia ciò che è della materia, ma soprattutto allo spirito quello che è dello spirito.

La persona non appartiene al potere, l'uomo è di Dio. L'uomo è quasi come una moneta su cui è riprodotta l'immagine di Dio, E Gesù usa una parola che non vuol dire solo "date", ma più precisamente "restituite". Perché nulla di ciò che hai è tuo. Perché di nulla sei padrone, sei un dono che viene da prima di te e va oltre te: ciò che sei viene da Dio e viene da Cesare, nel senso grande della società, della storia.

Esistere non è un diritto, prima ancora è un debito. Sei in debito verso Dio e verso gli altri, sei in debito verso i tuoi genitori, verso la scuola, verso gli amici, verso chi ti ama, sei in debito verso il lavoro e la fatica di innumerevoli uomini che ora lavorano perché tu possa essere qui, nutrito, vestito, al coperto, udendo e vedendo.

Un tessuto di debiti è la nostra vita. Restituisci ciò che hai avuto: in cultura, in istruzione, in salute, in protezione. L'avere e il dare delle eterne alleanze, l'avere e il dare delle eterne comunioni, perché senza avere e dare non esiste alleanza possibile, non esiste Stato possibile, non esiste Religione possibile.

E come restituire? Pagando il tuo tributo, certo, ma facendo qualcosa che serva a qualcuno: paga il tuo tributo alla fame spezzando il pane.

Dare a Cesare, alla società, al mondo ciò che è suo: tu non puoi essere sazio, se tutti gli uomini non sono un po' sazi; tu non puoi essere felice, se tutti gli uomini non sono, un po' almeno, felici; nessuno può essere perfettamente libero, finché non sono liberi tutti.

Dare a Dio i talenti, ma moltiplicati; dare la gratitudine, restituire a Dio la sua immagine velata e lucente in noi, e poi dare la gioia di vivere, l'umile piacere di esistere della creatura che dice: Ho amato il tuo mondo; hai fatto bene tutte le cose; è bello vivere questa vita: la mia vita e poi la grande, innumerevole vita della creazione.

«Restituite a Dio ciò che è di Dio» significa: riscopri l'impronta di Dio in tutte le cose, ricordati che sei, immagine di Dio.

Non vivere senza mistero, rendi grazie per il miracolo dell'esistere. Ricordati che sei mistero, crocevia di finito e di infinito, crocifisso alla croce di due amori, Dio e il prossimo. Ricordati che sei polvere, ricordati che sei immagine di Dio.

«Restituite a Dio ciò che è di Dio» Parola che dice a Cesare: Non appropriarti dell'uomo. L'uomo è cosa di un Altro. Cosa di Dio. A me dice: Non iscrivere appartenenze nel cuore che non siano a Dio. Libero e ribelle a ogni tentazione di possesso, ripeti a Cesare: Io non ti appartengo. Io, come talento che porta coniata l'effigie di Dio, devo restituire niente di meno di me stesso, ma soltanto a lui.

Cesare e Dio. Diaconia e profezia. Servizio alla città degli uomini, incontro con il cielo. Questo è oggi e sempre il vangelo dei cristiani.

Per cominciare, ... una danza!